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Nello spazio luminoso di Graf, a Bologna, giovedì 1 dicembre la Biennale della Prossimità si è presentata alla città che la ospiterà nel giugno del 2017. Non poteva esserci luogo migliore, perché lo spazio Graf, nella periferia a nord est, Quartiere San Donato, è la sede di “un’assemblea aperta di cittadini, associazioni e commercianti e frutto del progetto Le città come beni comuni”. Un luogo che è nato dalle prime esperienze di cooperazione tra cittadini e istituzioni che hanno condotto poi ai Patti di collaborazione, ideati dal Comune di Bologna. Un processo che con la Prossimità ha molto a che fare.

Davanti ad una platea raggiunta grazie soprattutto ai legami avviati durante il percorso di costruzione della Biennale, Georges Tabacchi, co-direttore della Biennale, ne ha raccontato le radici: il primo germoglio d’idea, l’esperienza di Genova nel 2015 e il processo, fatto di tappe intermedie, di momenti di incontro, che non si fermerà neppure dopo l’evento del 8-9-10-11  giugno 2017, perché proseguirà come frutto delle relazioni nate in questi mesi. “Sarà un evento nazionale”, sottolinea Georges, “che invaderà le strade della città con balli, canti, dimostrazioni, happening… tutto quello che serve a raccontare e scambiare buone pratiche di prossimità”, che arrivano dai più diversi angoli del nostro paese e che possiamo imparare a migliorare insieme, a diffondere, a conoscere.

Poi è stata la volta di Caterina Pozzi, espressione dei promotori locali, che ha ripercorso le riunioni bolognesi ricordando che davvero tutti coloro che realizzano azioni di prossimità sono i benvenuti: da chi lavora alla riqualificazione di spazi pubblici, all’accoglienza, chi coltiva orti urbani o riporta a nuova vita edifici, piazze, piccoli giardini comunitari…

Da quando la Biennale ha mosso i suoi primissimi passi, l’idea di collaborazione civica si è diffusa ed è stata declinata in mille modi e mille luoghi. Ma il format è ancora originale e vuole continuare ad esserlo. Lo ha spiegato Gianfranco Marocchi , co-direttore insieme a Georges della Biennale, raccontando la costruzione collettiva delle giornate bolognesi, sbocco finale e frutto di un processo che cresce grazie ai contributi di tutti coloro che vogliono parteciparvi. Nessuno escluso. “Tutti sono invitati, nessuno può dire «se c’è lui non ci sarò io». Non è una fiera, non ci saranno stand. Ci sono persone, idee, esperienze che vogliamo incrociare e far vivere una accanto all’altra”. Saranno giornate di confronto orizzontale e pluralità di linguaggi, in cui si alterneranno testimonianze, laboratori, arte e convivialità per rispondere in maniera concreta e partecipata a problemi condivisi.

E’ poi spettato a Matteo Lepore, assessore del Comune di Bologna all’Economia e promozione della città e Immaginazione civica esplicitare e rendere concreto il legame tra la Biennale della Prossimità e la città che per prima ha varato il Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e Amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani: uno strumento che si è poi diffuso su tutto il territorio nazionale, nato per sostenere e valorizzare l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per “finalità di interesse generale”. Lepore ha infatti annunciato che proprio nei giorni della Biennale confluirà la festa annuale della Collaborazione civica bolognese, evento che coinvolge i protagonisti dei 245 Patti di Collaborazione stipulati in città. Proprio del futuro di questi patti, di come farli maturare e di come riuscire a raccontarli si è poi parlato alla Spazio Graf, appena si è conclusa la presentazione della Biennale.

Un filo rosso comune, che si dipana attorno all’idea della condivisione attiva per prendersi cura delle nostre città e renderle luoghi migliori.